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Abbiamo intervistato il team di Border, organizzazione di eventi nella capitale (ma non solo!)

Come gruppo di persone con storie e background più o meno differenti, quali sono gli argomenti su cui vi scontrate più spesso?

Succede che ci scontriamo per le scadenze non rispettate, alcun* di noi sono più dispersiv* di altr*. In generale però siamo tutt* molto pacific* e siamo grandi ascoltatori/ascoltatrici e rispettiamo la vita di ciscun* quindi accade molto raramente di scontrarsi.

Quali invece le vostre linee guida, la coscienza di fondo come gruppo?

Il nostro desiderio è creare una realtà che stimoli le persone ad ascoltare cose diverse, ad uscire dalla loro comfort zone fatta di radio, playlist e streaming. Ci piace molto quando qualcuno viene da noi a fine serata e ci dice di aver scoperto qualcosa di nuovo.

Come etichetta ed organizzazione, se poteste scegliere chiunque, chi inserireste nella lineup musicale perfetta?

Per par condicio ognun* di noi ha scritto l’artista che desirerebbe come head liner: Clairo, Shlomo, Fine Before You Came, Yung Lean, Mietze Conte, Mira & Christopher Schwarzwalder, Fabri Fibra.

Invece, secondo quale criterio scegliete un artista da fare esibire in un vostro evento?

Border è fatta di artist*, producer, dj e persone che lavorano dietro le quinte del mondo della musica da sempre: in ogni line up c’è qualcosa di ognun* di noi, del nostro passato, del nostro presente o di quello che pensiamo possa essere il futuro della musica.

Al Border portiamo solo la musica che ci piace.

C’è un’esperienza in particolare che identificate come la nascita di Border?

Eravamo in macchina, tornavamo da una data in Molise e cercavamo qualcosa da fare la sera a Roma ma non c’era niente che ci rappresentasse. Ci siamo detti: organizziamo qualcosa noi, così almeno sapremo cosa fare di fico il sabato sera!

Roma dà, Roma toglie. Credete abbia dato qualcosa a Border? Invece cosa ha tolto?

Roma ha dato a Border la possibilità di essere, in quanto, non essendo una città satura di eventi musicali, la competizione è poca ed è più “facile” riuscire. Roma ha tolto a Border un’ampia scelta di spazi: non ci sono molti luoghi adatti alla musica live.

In quest’ultimo anno è cresciuto moltissimo l’interesse per la scena nella Capitale, con sempre più esponenti ed eventi organizzati. Come immaginate l’utopia che li unisce tutti?

Non sappiamo cosa si immaginano gli/ le altr* ma noi ci auguriamo meno mitomania, più umiltà e più desiderio di collettività e lavoro di squadra per dare nuova luce alla città e renderla più vivibile per noi e per gli/ le altr*.

Ritenete che la connessione continua, cui ci ha abituato la rete, sia in qualche modo correlata alla tendenza delle nostre generazioni a creare sempre più Collettivi, nel momento in cui si devono mettere alla prova nel campo artistico?

La rete spezzata è il nostro simbolo. Ognuno di noi ha il suo concetto di Border ma credo che ciò che accomuni noi alle altre realtà sia la voglia di “uscire dalla rete”, di riportare offline qualcosa che nasce online nella maniera più vera possibile. Si creano sempre più collettivi forse perchè c’è una rinnovata tendenza al lavorare in gruppo mettendo anche un po’ da parte il proprio ego artistico.

Avete appena inaugurato, quasi a sorpresa, la vostra nuova etichetta musicale: Border Records. Da cosa nasce? Come avete evoluto la vostra organizzazione anche in etichetta?

Alcun* di noi vengono da una precedente esperienza in una etichetta discografica. Border Records nasce perché ci andava di continuare ad esplorare, di metterci in gioco e di fare le cose come piacciono a noi