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Cristi e Diavoli, Love Gang 126

Ciò su cui mi viene da riflettere è: cos’è un classico?

Secondo Italo Calvino, tra le diverse definizioni da lui offerte, sono “classici” quei libri che s’impongono come indimenticabili o come rumore da fondo anche là dove l’attualità più incompatibile fa da padrona.

In generale è anche consueto definire “classico” uno scrittore vivente, il cui valore sembra fin da adesso sicuro e duraturo.

Non vorrei rischiare nel creare parallelismi troppo azzardati, ma posso comunque affermare che seguendo le logiche di ogni cultura underground e sommandole col preambolo iniziale, la ormai famosa crew LoveGang126 sta dando modo di lasciare un bel segno nel panorama hip hop nazionale e sicuramente essere un classico nella capitale.

Come? Distinguendosi per sound, narrazione e attitudine dal “mostro plasma copie” chiamato industria. Con l’album “Cristi e Diavoli” e l’ultima data dell’omonimo tour all’Atlantico di Roma ho avuto l’occasione di testare personalmente quanto il pubblico sia affezionato al gruppo, grazie alla genuinità e schiettezza dei testi e della performance.

La 126 racconta Roma, la sua gente e i suoi vicoli; racconta le giornate di 7 ragazzi romani nel modo più reale e d’impatto. E ciò viene proiettato sul palco grazie alla “fotta” messa da ogni componente, da ogni abbraccio post canzone con l’ospite, dal discorso di Ketama sul raccontare ciò che è “vero” a differenza della falsità presente in mezza scena, dalle acclamazioni  del pubblico ad ogni strofa di Ugo Borghetti, ad Asp che annuncia il proprio disco da solista.
Tutto ciò che la Gang dell’amore ha proposto è rap; è realtà ; è cuore, sangue e sentimento.

Articolo di Dario Vaccaro


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