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Intervista ad Andrea Passamonti sul suo libro “Quasi senza senso”.

Oggi siamo in connessione Panama-Roma con Andrea Passamonti.
Classe 1998, scrittore e amante della città eterna.
Ha pubblicato la sua prima raccolta di Poesie nell’autunno del 2023.
E quest’oggi ci permetterà di entrare ancora di più nella sua intimità grazie a questa
intervista che ci ha rilasciato.

RKI: Ciao Andrea, quale significato attribuiresti al concetto di poesia?

AP: Lo dirò con una poesia che ho scritto tempo fa, si trova all’interno del mio libro e
s’intitola: “la poesia non sa.”

“La poesia non sa di essere
Scritta
La poesia non sa di essere
Letta
La poesia non sa di
Essere
Le parole non sanno di essere
Poesia
Le parole non sanno che
Una dopo l’altra

Chiudono un cerchio
Infinito”

In poche parole la poesia è tutto e niente, è un fulmine.
Ed è qui che entra in azione il poeta che deve provare ad intercettarlo.
L’importante è non cercare la poesia dove non c’è.

RKI: Grazie Andrea, devo ammettere che questa è una delle poesie che più ho amato
della raccolta ma veniamo alla seconda domanda.
Quando e perché hai iniziato a scrivere, c’è stato un evento scatenante?

AP: Il quando non lo ricordo con precisione, credo intorno ai tredici, quattordici anni.
Ho scritto ad intermittenza nei primi anni perché non avevo ancora capito l’importanza
che aveva per me guardarmi dentro e capirmi, tendevo ad ignorare i miei abissi. Più in
là la scrittura è diventata fondamentale per me.
Il perché all’inizio non era molto chiaro, ma di base la scrittura era ed è tutt’ora una
valvola di sfogo per me. Nel presente ha più sfaccettature, la uso molto per capirmi e
comprendere il mondo esterno, dato che non ho un buonissimo rapporto con i
sentimenti.
Nella mia testa si mischia un po' tutto e scrivere mi aiuta a mettere ordine. Sono un gran
pensatore e non posso fare altro che appuntarle e unire un puzzle che ancora non so
dove mi porterà. Ed ora credo che la scrittura in un certo senso mi aiuti a ricordarmi di
essere vivo. È un’eterna scoperta. Forse la poesia è questa ricerca continua.

RKI: Wow, penso tu abbia parlato non solo a tuo nome ma a quello di tutte le persone
che usano le parole per descrivere qualcosa che resterebbe oscuro al mondo esterno!

Detto questo, quando hai deciso di rendere pubblico il tuo pensiero, cosa vuoi
comunicare con questa raccolta?

AP: Come dicevo prima, con il passare del tempo, ho capito l’importanza della scrittura
ed è cresciuta anche la consapevolezza della portata di ciò che scrivo. È maturata in me
la malsana voglia di vivere di scrittura, in tutti i sensi e per farlo il primo passo
obbligatorio era uscire dal cespuglio in cui mi sono sempre nascosto e mostrarmi nudo
davanti a tutti.
Del pubblico mi interessa relativamente poco, non sono partito con un’idea quando ho
cominciato a scrivere, però con il passare del tempo mi sono ritrovato un sacco di file
sparsi sul computer e ho cominciato a raggrupparli finché da soli non sono diventati una
raccolta di poesie.
Poi la raccolta si chiama quasi senza senso, un motivo ci sarà.
L’unica cosa che le lega sono la penna e la mente che le scrive, anche perché scrivo
senza idee, la maggior parte delle poesie sono scritte di getto.
Per quanto concerne la pubblicazione era un passo obbligatorio e più passava il tempo e
più idealizzavo il tutto, in un certo senso era già tutto nella mia testa.
Ora devo solo lasciare che la poesia faccia quello che vorrà fare, io non ho più potere su
di lei. Ormai è a piede libero e sarà lei a confrontarsi con il pubblico, io ora me ne lavo
le mani.

RKI: Beh, speriamo che quest’ispirazione non finisca! Hai progetti futuri per altre
pubblicazioni?

AP: Sì, ovviamente.

Ho molti file da visionare, ultimamente ho iniziato a ricontrollare alcune poesie lasciate
nel computer. Ho molte cartelle arretrate che mi aspettano.
Non amo rileggermi poiché preferisco il momento in cui si produce piuttosto che le
ispezioni, anche se sono entrambe necessarie.
A livello numerico ho sicuramente altre tre raccolte di poesie della stessa portata di
quella già uscita.
E nel frattempo sto cercando di non fermarmi alla poesia, mi vorrei sporcare e farlo
anche con quel che scrivo, tramite altre forme d’arte.
Sento l’esigenza di esprimermi in questo momento e ho voglia di mostrare il più
possibile, quindi sto lavorando ad altro oltre alle pubblicazioni.
Ma una cosa è certa, sicuramente non mi staccherò mai dalle parole.

RKI: Allora aspettiamo con ansia di rivederti in libreria e da quel che percepisco non
solo!
Se ne hai piacere, raccontaci come hai effettuato il tuo percorso di pubblicazione.

AP: Certamente, è stato un po' lungo e dispersivo perché non c’è una vera e propria
formula per poter pubblicare, nessuno riesce a dirti cosa devi fare realmente e nel
concreto. Io mi sono studiato un bel po' di case editrici, ho cercato di capire che tipo di
pubblicazioni cercassero e ho mandato delle mail con la proposta editoriale, poi ho
aspettato…
Nel frattempo, ho fatto qualche preghiera editoriale e scritto altro.
Ma forse l’unica cosa che serve realmente è un po' di culo.

RKI: Devo dire che le preghiere hanno funzionato alla grande.

Un’ultima domanda prima di andare. Daresti un consiglio a chi avrebbe voglia di
approcciare a questo mondo?

AP: L’unico consiglio che posso sentirmi di dare è semplicemente:
Lasciate che la vostra scrittura sia vera, naturale.
Scrivete per voi stessi e fatelo con l’anima.
Io sento i brividi lungo la schiena e su tutto il corpo quando scrivo una cosa che mi
piace. Se non sentite nulla quando scrivete lasciate stare.
Forzare la mano non ha senso.
Aspettate di aver veramente qualcosa da dire a voi stessi, perché molto probabilmente se
non avete nulla da dire a voi stessi allora non avrete qualcosa da comunicare agli altri.
Ma non pensate mai prima agli altri e cosa possa piacergli.
L’arte deve essere personale per essere originale.

Siate liberi,
se non vi sentite liberi in quello che fare non è il caso di continuare.
Altrimenti vi usciranno prodotti mosci, senza mordente.
È pieno di gente che inganna sé stesso e gli altri scrivendo o facendo l’artista ma non
dura mai molto.
Non indossare maschere.
Mettiti a nudo.
Credo che chiunque voglia fare arte, lo senta dentro.
Ha qualche cosa che lo spinge che non riesce neanche a controllare.

E che non deve mai provare a domare.

Pescate le stelle riflesse,
catturate i fulmini con le mani nude,
occupatevi dei sogni.

RKI: Grazie Andrea per questi preziosi consigli e per averci mostrato un lato più
profondo della tua persona e della tua arte, ti aspettiamo presto in radio!

Commento:

Colgo l’occasione di esporre una mia riflessione partendo da una frase di Passamonti riferendosi al ruolo della poesia: “[…] la uso per capirmi e per capire il mondo esterno”. La scrittura come auto-analisi, come metodo per conoscersi più a fondo e districare il disordine dei pensieri. Da tempo mi chiedo come mai l’azione grafica in sé – lo scrivere – sia utile in questo senso: forse perché è il momento in cui più ci interroghiamo sul significato vero e proprio delle parole, col timore di non essere compresi dall’eventuale lettore. L’alternativa è che sia una vera e propria ricerca del termine giusto: il cervello umano è un catalogatore, un nominatore per certi versi. Ed è nominare il suo compito. E il momento della scrittura, forse, è proprio quello in cui lo sforzo verte tutto sulla ricerca dell’esattezza. Per questo scrivere è percepito come gesto urgente: perché chiarifica, perché capace di significare, o, accogliendo l’augurio di Passamonti, perché “ […] l’arte deve essere personale per essere originale”.

 

Di Irene Berretta con commento di Fabrizio Pelli da Kaos Letterario.