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“Farà giorno”, un incontro generazionale che funziona a metà

Cosa potrebbero mai dirsi un vecchio e burbero ex partigiano e un giovane teppistello di periferia con simpatie di destra?

E’ questo il punto di partenza da cui si snoda la trama di “Farà Giorno”, commedia in due atti scritta da Rosa A. Menduini e Roberto De Giorgi e  rappresentata al Teatro Parioli dal 31 Gennaio all’11 Febbraio 2024, con la regia di Piero Maccarinelli.

L’incontro tra due universi apparentemente agli antipodi avviene per un banale incidente: il giovane Manuel (Alberto Onofrietti), investe il vecchio Renato (Antonello Fassari) e, per evitare una denuncia da parte di quest’ultimo, gli offre un servizio di assistenza domiciliare.

L’intera vicenda si svolge nella stanza dell’ex partigiano, un luogo che, come il suo abitatore, si presenta apparentemente sospesa nel tempo: un mobilio fortemente vintage, libri accatastati sulle mensole e, al centro del muro, troneggia un maestoso ritratto di Antonio Gramsci, simbolo teorico ed ideologico di un comunismo che, ancora, non aveva tracciato il suo corso nel panorama politico italiano. La pacata solitudine in cui Renato si è rinchiuso viene “investita” e completamente stravolta dall’ignoranza, a tratti goliardica, di Manuel, portavoce di ideali neofascisti completamente diversi da quelli dell’anziano. Il rapporto tra i due, dopo un inizio particolarmente faticoso, si sviluppa nel corso dell’opera attraverso frequenti momenti d’ilarità (spesso affidati alla capacità interpretativa di Onofrietti), litigate furibonde e riflessioni che non conducono ad alcuna risposta.

Tuttavia, attraverso l’incontro e lo scontro con l’altro, i due personaggi finiscono per mettere in discussione sé stessi, le loro credenze, il loro sguardo sul mondo. Entrambi, infatti, si scoprono, e in parte si riconoscono, come due anime rassegnate, intrappolate in un presente grigio e stantio ed incapaci di vedere alcuna luce. Sono uniti dalla perdita della speranza: Renato, la cui vita ha fatto il suo corso, si ritrova amareggiato a guardare un’Italia così diversa da quella per cui aveva combattuto, mentre Manuel diventa il simbolo di una generazione che vive nell’incertezza, che vorrebbe cambiare il suo futuro e, al tempo stesso, è incapace di visualizzarlo.

E’ il personaggio di Manuel ad emergere con maggiore forza: la formidabile interpretazione di Alberto Onofrietti alterna momenti divertenti a confessioni drammatiche con una naturalezza travolgente. Ne emerge un ritratto fortemente realistico. L’odio verso ciò che è diverso, la manifestazione e il continuo voler mostrare la propria forza, la difesa ossessiva della propria reputazione sono le maschere di cui si serve Manuel per nascondere una fragilità ed un’insicurezza dal sapore quasi generazionale. Colui che, in più scene, si vanta del suo odio verso gli stranieri che rubano il lavoro, in realtà è bloccato e terrorizzato dal padre, uomo rude e violento.

A metà dell’opera, compare sulla scena la figura di Aurora (Alvia Reale), figlia di Renato con un passato oscuro da ex terrorista. Tale figura, tuttavia, sembra faticare ad inserirsi nel duo già consolidato, complice anche una recitazione estremamente rigida e poco convincente che non riesce a sostenere il ritmo dei due attori principali. Il tono di voce dell’attrice, particolarmente basso, non favorisce ulteriormente il suo ingresso in scena. Anche la scrittura ed i dialoghi non conferiscono credibilità al personaggio: il passato da terrorista, le sue motivazioni, l’allontanamento dal padre restano temi poco approfonditi.

La seconda parte dell’opera procede quindi attraverso un ritmo lento e malinconico: diminuiscono i momenti acuti e sinceri dell’inizio. La scrittura protende verso un sentimentalismo eccessivo e prevedibile che, tuttavia, lascia lo spettatore molto freddo.

Farà giorno” si configura, in conclusione, come un’opera con interessanti punti di riflessione ma riuscita solo a metà, incapace di sostenere le ottime premesse iniziali.

Articolo di Arianna Gnasso